La comunicazione, cioè lo
scambio di informazioni, è fondamentale e
importantissima per tutta una serie di motivi che
verranno analizzati successivamente; basti pensare che
gli animali più evoluti, come l’uomo, sono quelli dove
la comunicazione è più complessa e sviluppata. Per
comunicazione si intende il trasferimento di
informazioni tra esseri viventi e tali informazioni
possono influenzare il comportamento dei soggetti
riceventi. Gli animali possono usare diverse tipologie
di segnali per comunicare ad esempio segnali acustici,
chimici, visivi etc. e ovviamente questi segnali sono
comprensibili ai riceventi se essi hanno i necessari
organi di senso per decodificarli. La comunicazione ha
molti vantaggi e aumenta le probabilità di sopravvivenza
degli individui ad esempio difendendo un territorio,
difendendosi da un predatore, trovando più facilmente un
partner etc. Però i predatori hanno imparato, con
l’evoluzione, a sfruttare i segnali di comunicazione
delle loro prede così per esempio il richiamo di una
cinciallegra durante il periodo riproduttivo può
attrarre lo Sparviere.
Può avvenire su un vasto
range di lunghezze d’onda nello spettro luminoso, dalla
luce visibile (anche a noi umani) alla luce
ultravioletta o infrarosso. Gli organi di senso
utilizzati per recepire i segnali visivi sono gli occhi;
nei Vertebrati sono molto più evoluti e sviluppati
rispetto agli Invertebrati (dove hanno origine evolutiva
diversa).
La comunicazione visiva
può avvenire in diversi modi:
-Linguaggio del corpo,
gesti, espressioni facciali:
Molti animali,
soprattutto i più evoluti come i Mammiferi comunicano
con il linguaggio del corpo; si pensi ad esempio alla
postura e movimenti della coda nei lupi o alle
espressioni del viso attraverso i muscoli facciali,
tutte le varie combinazioni di questi segnali visivi
possono trasportare moltissime informazioni, dalla
sottomissione all’aggressività, dalla curiosità allo
spavento.
L’atteggiamento terrifico
di un rapace notturno così come l’arricciare il pelo nei
mammiferi o la tanatosi nei serpenti possono essere
considerati anch’essi segnali visivi dunque uno
strumento di comunicazione.
Uccelli e Mammiferi usano
diversi sistemi di comunicazione visiva utilizzando il
linguaggio del corpo, è per esempio il caso del
sottocola bianchissimo di alcuni rapaci notturni come il
Gufo reale che viene messo in evidenza durante il canto
ed è ben visibile a distanza al crepuscolo oppure il
posteriore bianco (“specchio anale”) dei caprioli che
viene usato come segnale visivo in caso di pericolo ed è
particolarmente visibile quando l’animale si da alla
fuga per avvisare gli altri individui nelle vicinanze.
-Colorazione e
cambiamento di colore:
Un esempi di segnali
visivi sono quelli esibiti semplicemente attraverso i
colori; un esempio è la colorazione aposematica in cui
un animale avvisa i predatori di essere tossico, di
cattivo sapore o comunque pericoloso, attraverso colori
sgargianti; altri animali hanno imparato ad imitare le
colorazioni aposematiche ma barando, in questo caso si
parla di colorazione o mimetismo batesiano; un esempio
classico di colorazione aposematica è quella del
serpente corallo, specie velenosa, mentre un esempio di
mimetismo batesiano è il serpente del latte che non è
pericoloso ma sfrutta una colorazione aposematica simile
a quella del serpente corallo per avvantaggiarsene
contro eventuali predatori; altri esempi sono alcune
specie di lepidotteri che imitano nelle loro forme e
colorazioni le vespe.
Il cambiamento di colore
si può osservare in alcuni animali come i Cefalopodi
(Polpo, Seppia) e anche in rettili come i Camaleonti.
Avviene in modo rapido attraverso cellule epiteliali
specializzate dette cromatofori che possono cambiare
colore e opacità della pelle; nasce fondamentalmente
come un evoluto strumento per la mimetizzazione ma è
collegato anche ad altri comportamenti come il
corteggiamento o la difesa.
-Bioluminescenza
I segnali visivi sono più
visibili di giorno ma anche alcune specie notturne si
sono adattate a utilizzarli; un esempio sono le lucciole
dove i maschi (e in alcune specie le femmine) emettono
nel periodo del corteggiamento una luce fissa o
lampeggiante (attraverso una reazione chimica detta
bioluminescenza), e risultano quindi perfettamente
visibili anche nel buio.
Si tratta di un sistema
di comunicazione ancestrale, fu una delle prime forme di
comunicazione che si evolsero negli esseri viventi, già
a partire dai primi batteri all’origine della vita sulla
terra. La comunicazione chimica è ben sviluppata
soprattutto negli insetti e nei Mammiferi. Come gli
altri tipi di comunicazione anche quella chimica ha
varie funzioni, dalla ricerca del cibo
all’individuazione di predatori, dalla marcatura
territoriale alla difesa, dal corteggiamento ai rapporti
sociali. Può avvenire in diversi modi e gli animali
possono avere diverse tipologie di recettori chimici, ad
esempio le antenne negli insetti per la recezione dei
feromoni oppure il senso dell’olfatto nei vertebrati.
Negli Insetti i segnali chimici vengono utilizzati
principalmente per segnalare un pericolo, come avviene
in alcune specie di formiche o a scopo riproduttivo come
avviene in varie specie di falene; le molecole chimiche
più utilizzate nel mondo degli Insetti sono i feromoni,
particolarmente volatili, essi hanno un tempo di
permanenza nell’ambiente molto breve; se delle formiche
emettono feromoni per segnalare un pericolo, questo
segnale chimico è giusto che duri poco (meno di un
minuto) altrimenti le altre formiche resterebbero
allarmate per tempi troppo lunghi; i feromoni delle
falene rappresentano un compromesso tra la necessità di
emettere un segnale persistente ma che presenti al
tempo stesso buone capacità di dispersione; in
condizioni di vento favorevole infatti i maschi possono
rilevare l’odore delle femmine fino a 4-5 Km di distanza
sottovento. I pesci hanno dei recettori chimici sparsi
su tutta la superficie del corpo, nei rettili l’organo
di Jacobson situato sulla volta del palato è
specializzato per il riconoscimento delle molecole
chimiche catturate dalla lingua estroflessa. Negli
uccelli la comunicazione chimica è rara e il senso
dell’olfatto poco sviluppato, con l’eccezione degli
Avvoltoi e alcune specie di anatidi. È nei Mammiferi che
l’olfatto raggiunge il massimo sviluppo; i Mammiferi
usano il loro naso per raccogliere le informazioni sugli
odori, in particolare l’epitelio olfattorio presente
nelle narici converte i segnali chimici in segnali
elettrici che vengono convogliati al cervello attraverso
i nervi olfattivi; alcune specie di Mammiferi possiedono
anche un organo di Jacobson (sul palato, come nei
rettili) per ottenere informazioni olfattive aggiuntive.
I segnali olfattivi dei Mammiferi hanno una maggiore
durata nel tempo, consentendo così la persistenza del
messaggio anche in assenza dell’emittente, queste
molecole dunque, a differenza dei feromoni, sono poco
volatili e hanno peso molecolare abbastanza elevato; ne
sono un esempio i marcatori del territorio. Molte specie
di mammiferi hanno apposite ghiandole sparse in varie
parti del corpo, ad esempio le ghiandole anali che
rilasciano il loro secreto negli escrementi, le
ghiandole odorifere tra le dita delle zampe, ma anche
ghiandole sulla coda, ai lati esterni dell’articolazione
sul tallone, sulla membrana del palco in crescita e
sulla fossetta lacrimale sotto l’occhio. I secreti di
tutte queste ghiandole possono comunicare diverse
informazioni ad esempio possono segnalare ai con
specifici la disponibilità all’accoppiamento ma anche
servire all’identificazione di altri esemplari, ma nella
maggior parte delle specie il secreto delle ghiandole
serve per la marcatura territoriale come avviene ad
esempio nel lupo, nella volpe e in diverse specie di
mustelidi e ungulati; nel caso dei carnivori,
solitamente, gli escrementi vengono lasciati in
posizione elevata ad esempio su un sasso o un tronco o
un cespuglio in modo tale che il segnale olfattivo si
diffonda meglio e a distanze maggiori. Alla secrezione
delle tracce odorose attraverso le ghiandole sono
associati determinati comportamenti, detti “scent
marking”, come ad esempio le “raspate” di cervidi o lupi
per diffondere sul terreno il secreto delle ghiandole
interdigitali, gli strusciamenti degli ungulati sui
tronchi o negli insogli o lo sfregamento dei palchi dei
cervidi sulla vegetazione o sul terreno. I Mammiferi
possono utilizzare anche sostanze più volatili che
persistono brevemente nell’ambiente come ad esempio i
feromoni riproduttivi dei roditori.
Una tipologia di
comunicazione rara negli animali, la si trova
principalmente in alcune specie di animali acquatici
sebbene anche alcuni Mammiferi come gli ornitorinchi e
le echidne siano capaci di percepire campi elettrici
probabilmente usati per la comunicazione. Gli organi
elettrici nei pesci servono sia per l’elettrolocalizzazione
delle prede sia per l’elettrocomunicazione; l’organo
elettrico genera un campo elettrico poi rilevato dagli
elettrorecettori. Le differenze nella forma delle onde
elettriche e nella frequenza dei cambiamenti del campo
elettrico trasmettono informazioni su specie, sesso e
identità. Esempi di pesci che usano l’elettrocomunicazione
sono le torpedini marine, l’anguilla elettrica e il
pesce gatto africano.
Si tratta di una
tipologia di comunicazione molto utilizzata
principalmente dai Mammiferi ma è diffusa anche tra gli
Insetti. Può avere diverse funzioni ad esempio:
-nei combattimenti: il
contatto fisico fornisce informazioni sull’avversario e
serve per coordinare i movimenti durante l’interazione e
la lotta.
-nell’accoppiamento e
corteggiamento: ad esempio il mutual-allogrooming e
mutual allo-preening negli uccelli, una sorta di
“coccole” che rafforzano il legame di coppia, ma che ha
anche funzione di eliminazione dei parassiti.
-Integrazione sociale: ad
esempio la toelettatura di un individuo da parte di un
altro individuo, serve non solo per rimuovere i
parassiti ma anche per rafforzare e riaffermare il
legame sociale o la relazione gerarchica
-Procacciamento del cibo:
ad esempio in alcune specie di formiche vengono
reclutate le operaie per la ricerca di cibo toccandole
con le antenne e le zampe posteriori conducendole fino
alla fonte del cibo; un altro esempio è la danza delle
api da miele.
-Cura della prole: il
riconoscimento dei cuccioli da parte dei genitori, per
esempio, avviene non solo attraverso la comunicazione
olfattiva ma anche quella tattile; le mamme leccano i
loro cuccioli o strofinano il loro muso sui cuccioli.
L’uso di segnali acustici
offre molti vantaggi rispetto ad altri tipi di
comunicazione perché è energeticamente più conveniente
(anche se aumentano i rischi di essere individuati dai
predatori) e la propagazione avviene in ogni direzione a
velocità molto elevata; inoltre modulando i diversi
parametri del suono e quindi generando suoni complessi è
possibile codificare infinite combinazioni di messaggi;
inoltre l’ascolto binaurale consente al ricevente di
determinare la direzione di provenienza del segnale
acustico. Un altro vantaggio della comunicazione
acustica è dovuto al fatto che essa può essere
utilizzata anche di notte o in ambienti molto fitti dove
il contatto visivo risulta impossibile.
I suoni dunque possono
arrivare anche a grandi distanze ma l’estinzione del
segnale acustico è rapida, quindi i suoni non persistono
nell’ambiente (a differenza, per esempio, dei segnali
chimici). La portata di un segnale sonoro in termini di
distanza dipende dall’intensità dell’emissione, dalla
sua struttura fisica, dal rumore di fondo e dalle
caratteristiche acustiche dell’ambiente in cui il suono
si propaga; in funzione dell’ambiente infatti vi sono
bande di frequenza ottimali per la trasmissione del
suono e quindi specie che vivono in ambienti diversi
utilizzano segnali acustici con bande di frequenza
diverse per poter essere percepiti meglio e rendere la
comunicazione acustica più efficiente; per esempio i
suoni ad alta frequenza sono più adatti ad ambienti
chiusi; in ambienti complessi come le foreste o con
forte disturbo di fondo per esempio in zone ventose sono
più efficienti i segnali semplici a bassa frequenza, che
hanno anche la capacità di raggiungere distanze
maggiori; le vocalizzazioni dei Galliformi e degli
Strigiformi, per esempio, sono adatti a coprire lunghe
distanze e infatti sono spesso suoni semplici e a bassa
frequenza (fino a 1kHz) mentre, all’opposto, i canti di
molte specie di Passeriformi tipici delle zone aperte
come la Rondine o lo Storno sono segnali complessi, con
molte modulazioni in frequenza e componenti armoniche.
L’uso del suono per la
comunicazione si è sviluppato con l’evoluzione sia negli
invertebrati (insetti e crostacei) che in alcuni
vertebrati come gli anfibi (soprattutto Anuri), gli
Uccelli e i Mammiferi, manca invece nei Rettili.
Tra gli invertebrati la
comunicazione acustica si è sviluppata evolutivamente
nei crostacei e negli insetti. Gli insetti possono
produrre suoni in diversi modi per esempio per
sfregamento di appendici o parti dell’esoscheletro
(elitre, zampe, fianchi del torace o dell’addome) come
ad esempio avviene in alcuni Ortotteri o per scatto di
membrane in tensione come avviene nelle cicale. Nelle
cicale alcuni robusti muscoli muovono una sottile
membrana fino a farla scattare così da produrre il loro
tipico suono “cri-cri”, suono che viene poi amplificato
in uscita dalle cavità all’interno del torace e
dell’addome che funzionano come casse di risonanza.
Gli insetti producono
anche suoni di altro tipo, non a scopo di comunicazione,
come ad esempio il rumore prodotto dalle ali oppure
quello prodotto da una larva che rode il legno. È però
da notare che il ronzio prodotto dalle ali può anche
avere funzione di comunicazione ad esempio il ronzio
delle ali ha funzione di richiamo sessuale.
Gli insetti producono
suoni anche a scopo di difesa, sono suoni dissuasori per
allontanare o confondere i predatori; alcune falene, per
esempio, confondono i pipistrelli, loro predatori,
emettendo a loro volta un rumore caotico che confonde il
sonar dei chirotteri. Anche il rumore fortissimo e
intenso delle cicale nei climi caldi ha lo scopo di
confondere i predatori e rendere loro molto difficile
individuare le singole prede.
Quando alcuni insetti si
sentono in pericolo possono produrre suoni a scopo di
avvertimento; molte specie producono degli stridii acuti
sfregando i segmenti addominali come nel caso delle
vespe Mutillidi; i Cerambicidi possono produrre un forte
stridio muovendo il torace o i suoi segmenti come
avviene per esempio nel
Maggiolino del pino.
Molte dei segnali
acustici prodotti dagli insetti, così come avviene per
altri animali, hanno la funzione di facilitare
l’incontro dei partner nel periodo della riproduzione;
nella maggioranza dei casi gli organi preposti alla
produzione dei suoni sono limitati ai maschi o comunque
usati in prevalenza dai maschi. Sicuramente tra i più
conosciuti insetti che producono suoni a scopo
riproduttivo vi sono le cicale e gli ortotteri.
A livello evolutivo gli
anfibi sono stati i primi vertebrati a produrre suoni.
Gli anfibi Anuri (rane, rospi, raganelle) sono dotati di
corde vocali e di una laringe; i maschi di quasi tutti i
generi hanno dei sacchi vocali che sono dilatazioni
della mucosa e funzionano come cassa di risonanza per la
produzione di suoni (gracidii) che possono raggiungere
anche distanze molto lunghe. In alcune specie i sacchi
vocali possono essere semplici e giugulari, in altre
specie si estendono ai due lati della bocca. I suoni
prodotti dagli anfibi sono diversi da specie a specie e
spesso sono stati utili per scoprire nuove specie.
Variano nel timbro e nell’intensità a seconda della
specie o del tipo di comunicazione. Nel periodo degli
accoppiamenti i maschi di molte specie si riuniscono per
emettere richiami sonori per attrarre le femmine della
stessa specie, questi richiami sono prodotti a bocca
chiusa, gonfiando i sacchi vocali. Oltre ai richiami a
scopo riproduttivo gli anfibi producono, aprendo la
bocca, altri tipi di suono, come ad esempio le grida per
spaventare altri maschi competitori o i versi di
avvertimento in caso di pericolo
I mammiferi producono
suoni mediante le corde vocali, delle membrane situate
nella laringe, che producono suoni quando vibrano al
passaggio dell’aria; ma i mammiferi possono produrre
anche altri rumori usando parti del corpo come ad
esempio colpi di coda in alcuni scoiattoli o i rumori
prodotti dagli Istrici facendo vibrare appositi aculei.
Le vocalizzazioni prodotte dalle corde vocali nei
mammiferi coprono un range di frequenze molto esteso,
fino a ben 5 ordini di grandezza; esse vanno infatti dai
9 Hz di alcuni cetacei (infrasuoni) fino agli oltre
110.000 Hz di alcuni pipistrelli (ultrasuoni); sia gli
infrasuoni che gli ultrasuoni non sono percepibili
dall’orecchio umano; gli infrasuoni, caratterizzate da
frequenze molto basse, dai 20 Hz in giù, sono utilizzati
dai cetacei ma anche dagli elefanti e ippopotami; gli
ultrasuoni invece, caratterizzati da frequenze superiori
ai 20 kHz, sono prodotti dai pipistrelli e utilizzati
per l’ecolocazione, ma possono essere prodotti anche da
alcune specie di delfini e balene e dai cani.
Anche nei mammiferi la
comunicazione acustica assolve a diverse funzioni, dalla
marcatura territoriale e la ricerca di partner, alla
richiesta di cibo nel caso dei cuccioli, i versi di
aggressività, le grida di allarme, i versi di contatto
nelle specie sociali etc. Tipiche vocalizzazioni dei
mammiferi sono l’ululato dei lupi, utilizzato per
marcatura territoriale o per comunicazione tra membri
dello stesso branco, il bramito dei cervi nel periodo
riproduttivo, le urla, i guaiti etc.
Il sistema uditivo della
gran parte dei Mammiferi è formato da diversi
componenti:
-Un padiglione: struttura
esterna che raccoglie i suoni, più è grande e maggiore
sarà la sensibilità uditiva, si pensi ad esempio alle
orecchie di una Lepre
-Timpano: interno
all’orecchio, serve per convertire le vibrazioni
dell’aria (cioè i suoni) in vibrazioni meccaniche
-Sistema di
amplificazione: sono gli ossicini uditivi (martello,
staffa, incudine)
-Un trasduttore: la
finestra ovale, serve per convertire le vibrazioni
meccaniche in vibrazioni di un fluido presente
nell’orecchio interno.
-Convertitore: la coclea
che con le sue cellule converte le vibrazioni del
liquido in segnali elettrici. Tali segnali saranno poi
convogliati al cervello attraverso un apposito nervo
(nervo uditivo) dove verranno analizzati.
Gli uccelli emettono
diversi tipi di vocalizzazioni o segnali acustici;
questi hanno diverse funzioni ad esempio marcatura
territoriale, stress, contatto, richiesta di cibo,
adunata, aggressività etc. Il canto può trasmettere
molte informazioni sull’individuo emittente per esempio
l’età, la maturità sessuale, le condizioni di salute
(stato di nutrizione, livello di parassiti etc), la
disponibilità all’accoppiamento o la combattività nella
difesa territoriale. Il range di frequenza delle
vocalizzazioni degli uccelli è simile a quello degli
umani, da 0 a 8 kHz, con una punta verso i 300 Hz.
L’organo che produce il
canto negli uccelli è la siringe; quest’organo ha
conformazione diversa tra le diverse specie di uccelli,
può essere situata all’estremità inferiore della trachea
oppure alla congiunzione dei bronchi nella cavità
toracica. Nella parte interna della biforcazione creata
dalla trachea quando si divide tra i due bronchi, si
trova una sottile membrana di forma ovale, detta
membrana interna timpanale; questa membrana vibra ed
emette i suoni quando l’uccello espira cioè quando butta
fuori l’aria dai rispettivi sacchi aerei. Diversi
fattori contribuiscono a creare tutte le tipologie di
suoni emessi dagli uccelli come ad esempio la pressione
dei sacchi aerei, la lunghezza della trachea, l’attività
dei muscoli della siringe, la velocità dell’aria che
passa. Le due metà simmetriche della siringe possono
lavorare in modo indipendente e grazie a questo molte
specie di uccelli sono in grado di produrre suoni a due
voci; nella maggioranza delle volte i suoni prodotti
dalle due parti della siringe non sono uguali ma la
parte sinistra predomina.
Le vocalizzazioni
genericamente chiamate richiami (“calls”) sono brevi e
semplici, emesse da entrambi i sessi e in tutte le
stagioni, a differenza dei canti. Alcuni tipi di
richiami presentano una convergenza evolutiva molto
interessante ad esempio i segnali d’allarme di molte
specie di Passeriformi sono estremamente simili nella
loro struttura; i segnali d’allarme del Merlo, del
Fringuello, della Cinciarella e della Cinciallegra sono
molto simili, sono delle semplici note pure e ad alta
frequenza (circa 8 kHz) che possono essere interpretate
come allarme da più specie e la loro struttura impedisce
la localizzazione dell’emettitore da parte dei
predatori. Uno Sparviere per esempio ha una soglia
uditiva che non gli consente di percepire chiaramente i
suoni a frequenza troppo alta, così il verso di allarme
di una Cinciallegra a 8 kHz può essere udito da altre
Cinciallegre e piccoli passeriformi anche a 40 metri di
distanza ma uno Sparviere può sentirlo solo entro i 10
metri di distanza, in questo modo l’individuo che ha
emesso il verso d’allarme può avvisare i suoi simili
della comparsa del predatore senza attirare gli attacchi
su di sé.
Il canto (“song”) è un
insieme complesso di note o sillabe più o meno elaborate
e ripetute in sequenza. Generalmente è emesso
soprattutto o esclusivamente dai maschi durante la
stagione riproduttiva e ha il compito di “marcatura”
acustica del territorio e della sua difesa ma anche una
funzione di corteggiamento; in alcune specie infatti la
scelta del partner da parte della femmina dipende anche
dalle capacità canore del maschio; maschi che hanno
performance canore più lunghe ed elaborate vengono
infatti preferiti rispetto agli altri maschi con
capacità canore inferiori. Il canto può essere definito
come un insieme di suoni più o meno complicati e può
essere rappresentato con una sequenza di toni brevi
detti elementi; sequenze di elementi formano le frasi e
queste formano delle sequenze più lunghe dette strofe;
le strofe ma anche le frasi, le note, le sillabe possono
essere separate da pause ma le pause tra strofe sono più
lunghe, solitamente, rispetto alle altre pause. A volte
le strofe che costituiscono i canti sono semplici e
formate da elementi più o meno simili, altre volte le
frasi sono composte da elementi diversi e formano delle
strofe più complicate; le strofe a loro volta possono
essere ripetute, intervallate da pause, ma in certi
canti possono essere diverse lungo la sequenza temporale
del canto. Come per i segnali chimici dei Mammiferi, la
maggior parte dei maschi degli Uccelli quando cantano a
scopo di marcatura territoriale e/o corteggiamento
scelgono posatoi elevati e dominati, dai quali si
possono raggiungere maggiori distanze; alcune specie
cantano in volo raggiungendo così distanze ancora
maggiori, come ad esempio l’Allodola, la Cappellaccia,
il Prispolone o il canto territoriale della
Sterpazzolina.
Vocalizzazione
Termine
generico per indicare ogni tipo di
manifestazione acustica
Canto (Song)
Solitamente
tipico dei maschi; emesso spesso in
posizione dominante da posatoi molto alti.
Ha funzione di marcatura territoriale e
corteggiamento della femmina.
Sub-canto (Sub-song)
Questo
termine indica una vocalizzazione o canto
silenzioso in sottofondo, spesso a basso
volume e/o solo parziale. In molti casi il
sub-canto include anche imitazione di altre
specie. L’individuo che lo emette
solitamente è appollaiato in una posizione
bassa, poco dominante e poco visibile; il
becco può essere totalmente chiuso durante
questo tipo di vocalizzazione.
Richiamo
Vocalizzazione di breve durata e semplice;
si possono distinguere diversi tipi di
richiamo ad esempio: di allarme, in volo, di
raggruppamento, di avviso, di contatto, di
richiesta cibo (“Begging”) etc.
Duetto
Scambio di
vocalizzazioni tra i partner di una coppia;
il maschio e la femmina si “chiamano” in
modo alternato, fa parte del corteggiamento
o, fuori dalla stagione riproduttiva, ha
funzione di rafforzamento/mantenimento del
legame di coppia.
Rumori
Schiocco del
becco (“Bill Clapping”), applauso (“Wing
Flapping”), tambureggio etc.
Oltre alle vocalizzazioni
prodotte dalla siringe gli uccelli possono produrre
altri tipi di suoni, questi vengono detti “strumentali”
perché prodotti dalle penne o dal becco. Ne sono un
esempio lo schiocco del becco (“Bill-Clapping”) prodotto
dai rapaci notturni come comportamento difensivo
(soprattutto nei pulli) oppure il così detto “applauso”
(“Wing-Flapping”) prodotto da alcune specie come il
Succiacapre o il Falco pecchiaiolo durante i voli di
marcatura territoriale; anche altre specie producono
rumore con le ali, è il caso dei Columbiformi come il
Colombaccio che producono questo rumore quando si
involano all’improvviso, o Anatre e Cigni quando
decollano. Altri rumori prodotti dagli uccelli sono lo
scampanellio delle ali durante il volo prodotto dal
Quattrocchi, il frullio prodotto dalla Pavoncella
durante le parate aeree di marcatura territoriale, o il
rumore belante che produce il Beccaccino divaricando le
timoniere esterne durante i suoi bassi voli in
diagonale. Anche il tambureggio dei Picchi contro gli
alberi secchi o altri oggetti (pali metallici) è un
rumore strumentale e ha funzione di marcatura acustica
del territorio.
La nota è l’elemento base
di un canto; ogni nota ha diverse caratteristiche come
ad esempio la durata e l’andamento del suo spettro di
frequenze in funzione del tempo. Una vocalizzazione può
essere composta da un solo tipo di nota ripetuta più
volte (come nel caso degli Anfibi) oppure da più note
diverse.
Una sillaba è un suono
composto da più note associate insieme.
Una frase o un motivo
sono l’insieme di note o sillabe che si ripetono in
sequenza.
Una strofa è una sequenza
continua, limitata nel tempo, di elementi come frasi,
sillabe o motivi ed è separata dalla successiva strofa
(se presente) da pause più lunghe.
La sintassi è l’insieme
delle regole che determinano la posizione delle note o
delle strutture polisillabiche all’interno delle
sequenze complesse.
Il ritmo consiste
nell’organizzazione temporale delle note o delle
sillabe.
L’insieme di questi
elementi è il canto.
Il repertorio è l’insieme
delle vocalizzazioni di una specie cioè i loro canti,
versi e relative varianti. Alcune specie di uccelli come
il Picchio muratore o il Tordo bottaccio hanno repertori
canori molto vasti che possono arrivare anche a 200
diversi tipi di vocalizzazioni.
Il repertorio vocale
degli uccelli in parte è innato e genetico e in parte è
appreso, soprattutto dai genitori. Sull’apprendimento
sono stati fatti numerosi esperimenti; ad esempio
giovani fringuelli allevati in cattività in assoluto
silenzio senza poter ascoltare altri fringuelli adulti,
producono suoni che sono una versione semplificata e
impoverita del tipico canto di questa specie; la
vocalizzazione diventa perfetta e uguale a quella degli
adulti se i giovani hanno la possibilità di udire le
vocalizzazioni dei genitori; si parla quindi di
imprinting canoro e questo è molto importante
soprattutto in alcuni gruppi di uccelli come i
Passeriformi.
Il canto degli uccelli
varia da specie a specie e anche in funzione della
sottospecie ma può variare anche da un individuo
all’altro. Oltre a questa variabilità il canto può
essere diverso da una località a un’altra all’interno
dell’areale di distribuzione di una specie; in questo
caso si parla di dialetti. Ciò che caratterizza un
dialetto è la trasmissione culturale, cioè
l’apprendimento da un modello. L’isolamento tra
popolazioni aiuta la formazione di dialetto, la mancanza
di contatto facilita quindi lo sviluppo di una variante
del canto.
Sebbene i canti delle
singole specie siano, appunto, “specifici”, consentendo
dunque un’identificazione sicura anche solo per via
acustica, ci sono diverse specie che inseriscono nel
loro repertorio versi di altre specie, imitandoli. Vi
sono molti esempi, anche nell’avifauna italiana: la
Cannaiola verdognola non solo imita in modo perfetto i
versi e canti di altre specie di uccelli presenti nel
suo areale europeo ma imita anche i versi che ha
imparato da altre specie “esotiche” presente nei
territori dove sverna in Africa; un altro grande
imitatore è lo Storno: tante volte sono stato ingannato
dagli storni, ero convinto di aver sentito un Rigogolo o
una Poiana dalla finestra di casa in periferia,
meravigliandomi, per poi scoprire che era uno Storno che
imitava i loro versi. Anche la Ghiandaia imita molto
bene i versi, spesso imita il verso della Poiana.
L’Averla maggiore riesce a imitare i versi di alcuni
piccoli passeriformi, come ad esempio il Cardellino, per
attirarli e poterli predare. Spesso i Merli inseriscono
nel loro repertorio di canti territoriali anche suoni
artificiali come il fischio umano o le suonerie di
cellulari. Altri imitatori sono l’Averla piccola, il
Tordo bottaccio, la Cappellaccia.
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